Una voce dal profondo by Paolo Rumiz

Una voce dal profondo by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz,Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-11-21T00:00:00+00:00


12.

Un brontolio in cantina

Difficile schivare un posto dove milioni di persone mangiano, dormono e fanno l’amore sul calderone del Diavolo. Da Sorrento ai Flegrei, Procida e Ischia comprese, si stende una cucina ribollente di infernali minestroni, con decine di padelle grandi e piccole poggiate su un sistema ramificato di fuochi, miasmi e acque sulfuree. Un posto che sfiata, scoreggia, risuona, traballa, brulica e mormora scongiuri, col quale però è necessario convivere.

La coesistenza degli Umani con il Terribile durava da tempo immemorabile. Quarantamila anni prima un cratere grande come l’intera città si era aperto fra Marechiaro e Capo Miseno. L’eruzione vomitò fuoco, incendiò gli Appennini e sparò ceneri fino in Siberia, generando un tale raffreddamento del clima che forse contribuì all’estinzione dell’uomo di Neanderthal e fece trionfare la razza più evoluta di Cro-Magnon.

Il mio primo approccio col Vesuvio, nel 2009, era stato segnato da una domanda a bruciapelo: “Siete ingegnere?”. Un tizio mi aveva visto bighellonare e prendere appunti tra le case alte di Torre del Greco, dove apparivano tracce di lava. La sua domanda pareva innocente, ma non lo era. Intorno trionfava l’abusivo, e l’intento era capire se ero venuto per fare controlli. Da quelle parti odiano i ficcanaso.

Dissi che ero un appassionato di vulcani.

Subito l’uomo, accantonato il sospetto, passò alla domanda numero due: “Ma stammo tranquilli c’o Vesuvio?”.

Dissi che era meglio non dargli confidenza, altrimenti poteva finir male.

Risposta: “Che vulite, di qualcosa si deve pure muri’”.

Non era solo l’assoluzione di un’edilizia spericolata. Era anche l’intuito antico di riconoscere vana ogni previsione. Già quattro secoli prima, un filosofo napoletano di nome Giulio Cesare Recupito si era chiesto cosa fosse “quell’innata cupidigia de’ mortali di sapere le cose, che hanno a venire”.

La strada per la cima era controllata dai soliti cani liberi, branchi di bestie sans papiers. Avevano mille modi di dire all’intruso “vattene”: ringhio, ululato, sguardo in tralice. Sul cratere vecchio si coagulava intanto una nube funebre a forma d’incudine, mentre nel golfo una luce giallo senape investiva Capri e Castellammare.

L’Osservatorio del Vesuvio era un parallelepipedo rosso pompeiano, dove i sismografi captavano le scosse premonitrici. Giuseppe Mercalli, inventore della famosa scala, ci aveva lavorato fino al 1914, prima di finire bruciato vivo. Non dalle lave, ma dalle sue stesse scartoffie, incendiate da un colpo di vento sulla sua lampada a petrolio.

Trent’anni dopo di lui, arrivarono gli Alleati e vollero sgomberare l’edificio, ma il nuovo direttore Giuseppe Imbò ottenne di restare perché, vivaddio, il vulcano andava sorvegliato sempre. E infatti nel marzo del 1944 Imbò dovette correre a perdifiato al comando Usa per avvertire che il cratere era tutto un brontolio ed era meglio sgomberare la base di Poggiomarino.

Gli yankee alzarono le spalle, ma la Bestia eruttò per sedici giorni, e mise fuori uso gli aerei della base.

La più violenta eruzione fu quella del 1631. Allora il pennacchio si gonfiò al punto da generare mostruose allegorie: una caverna, un elefante, un dragone. Poi, si disse, fu “come se le fiamme avessero da abbruciare tutto il mondo”.

Nessuno se l’aspettava, dopo secoli di inattività.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.